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Greta e la nostre ansie quotidiane.


È  un tema caldo quello ambientale. 
Lo devono aver compreso bene anche i pediatri d’Italia che per il loro congresso nazionale svoltosi in questi giorni a Paestum, hanno invitato Greta Thunberg. 
Che ha declinato l’invito, ma che d’ambiente, anche grazie a lei, si è parlato comunque in relazione all’educazione alimentare, agli sprechi e al cambiamento di clima come fonte di preoccupazione, fino ad arrivare alla parola “ emergenza. In questo disgraziato periodo, molto usata.
Da madre, penso spesso alla madre di questa ragazza che ha scosso le coscienze del mondo e mi chiedo quale saranno state le sue prime parole da piccina: l’universo si sta dilatando, mamma non metterti la lacca? Perché è un po’ difficile immaginare che un bambino, abbia questo tipo di ansia.
In un adulto le cause di ansia sono, in ordine casuale: le scadenze, timbrare il cartellino in orario, il futuro, l’assemblea di condominio, Donald Trump, gli ingorghi, il rimmel che cola, aspettare qualsiasi cosa, la fila alla cassa, il risultato di una tac, il sessismo, il razzismo, i migranti che sbarcano, i migranti che affogano, le scarpe non intanate alla borsa, i saldi, il governo passato, quello attuale  e quello futuro, i cambiamenti climatici.
Quando ci si parano davanti tutte affastellate insieme, ci chiediamo se questi possono essere tutti problemi nostri, se tutte queste ansie sono evitabili, se il buco dell’ozono e lo scioglimento dei ghiacciai, può essere affare nostro. Considerando quel che succede ogni giorno, a partire dal disastro accaduto a Venezia, temo proprio di si. Ma se per un adulto l’emergenza è sempre improvvisa, ed  è una situazione negativa a cui si deve far fronte, per un bambino che cresce con questa coscienza civile, è la conseguenza dei comportamenti dei grandi.
Perché non imparare quindi da loro, per non pronunciare più questa parola?

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