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In nome del possesso.

C’è una frase, che mi rimbomba in testa da giorni, da quando distrattamente, ho sentito in tv, queste parole estrapolate da un' intercettazione telefonica del marito dell'ennesima donna uccisa: ci ho messo 17 anni a raddrizzare vostra madre..
Raddrizzare significa riuscire a castrare l’anima, significa negare ad una persona la sua vera natura, per averle finalmente una donna, in questo caso una moglie, a propria immagine e somiglianza, sedarla, riuscire a chiudere in lei i rubinetti delle emozioni.
Senza permettere di avere un pensiero diverso, di avere amici che la possono deviare  con la sola idea dell'indipendenza, magari seminando in lei, il sospetto che quello che
vuole essere, non coincide con quello che deve essere.
Deviare dalla strada già segnata del suo matrimonio, quella bella torre d'avorio dove le incomprensioni non si possono vedere dall'esterno, in quelle pareti dove non devono trapelare insoddisfazioni.
E il pensare che ci sono ancora uomini che ti vogliono manipolare il pensiero,
il cervello, che ti tarpano le ali su un sogno di rinascita, che t'impediscono di guardare e agire fuori dalla finestra di casa tua, che ti lasciano coltivare solo
il SUO orticello ma guai, a pensare di coltivare un'idea diversa da quella del monarca..mi fa inalberare tanto.
Si perché noi donne siamo alberi, e nessuno può pensare di sradicarci o raddrizzarci. 

E lo so che vi aspettate da me leggerezza, ma questa mia riflessione, la devo a tutte le donne uccise  in nome del possesso.

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