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L'umiltà è felicità.


Se non fossi stata contemporanea dell'epoca 2.0
mi sarei comunque connessa?
Io credo che la dipendenza da schermo
sia una perdita di tempo e nel percorso che sto percorrendo
non può più appartenermi.
Notizie  e immagini sono manipolabili con molta facilità,
non mi piace questa cosa.
Verissimo, la connessione ti dà visibilità,
ma succede che in questo momento
io vorrei sparire, cancellare le mie tracce.
Per concentrare qualcosa di sensato in 140 caratteri,
per esempio,
bisognerebbe lavorarci almeno 5-6 ore,
l'espressione precisa non viene mai di getto,
si rischia di dire banalità che poi ti possono venire rinfacciate..
Non rinnego niente:
mondanità, esibizionismo e amicizie virtuali.
Però ora mi sento libera dalla smania di apparire
e cerco di scoprire ciò che più mi è autentico,
che più mi assomiglia.
Quando tutti parlano troppo,
anche di quello che pensano possa provare tu,
la scelta del silenzio mi sembra obbligata,
e davvero,
e questo può sembrare pretenzioso ed esagerato,
mi dispiace,
ma non si ha mai un' idea di quante parole
possono scaturire da un silenzio.
Parlatevi. Fatelo.
Il senso di tutto è sempre il lavoro:
quello che si fa su se stessi,
guardandosi dentro in profondità,
regalandosi tempo,
non sentendosi più obbligati ad esprimere concetti,
decretare pensieri,
dire quello che si pensa.
Mettere una distanza fra quello che si pensa e  lo spirito dei tempi,
può risultare salutare, credetemi.
I social non prevedono una reale predisposizione all'ascolto,
sono il tempio dell'IO,
producono aggregati di solitudini di massa
che non sempre comunicano davvero tra loro.
Il viaggio.
Questo è quello che voglio.
Dentro me.
L'umiltà dell'essere,
non dell'apparire.




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